Avete mai osservato come interagiscono i bimbi? Per noi adulti alcune regole del «gruppo» risultano ingiuste e non comprensibili. Poi compare una palla, si formano le squadre ed inizia l'interminabile partita di calcio. Guardando i nostri figli giocare, noi grandi possiamo capire il vero significato dello sport.
Monster's Blog
Scritto da webmonster il 05/09/12
Seduto su una panchina del parco giochi, osservo il mio pargoletto giocare con gli altri bimbi della sua età. Misuro la giusta distanza dal gruppetto di marmocchi, un intervallo equo che garantisca loro l'indipendenza e a me la sicurezza della sentinella.
Non posso non notare come - pure in tenera età (la media è sui cinque anni) - vige la dinamiche del gruppo: alcuni ragazzini si coalizzano ed altri subiscono l'isolamento, l'ingiustizia regna sovrana. Il tempo di un battito di ciglia e l'accordo salta, subentrano nuove alleanze e l'equilibrio delle forze in campo cambia radicalmente. I forti si ritrovano deboli, è l'innocente legge della jungla.
Alcune premurose mamme vorrebbero intervenire per ristabilire la pace nel gruppo; agli occhi di un adulto quei gesti prepotenti tra i pupi sono intollerabili. Trascorrono pochi instanti, la pura e semplice aggressività trova la giusta pista, le squadre sono fatte: i più piccoli in porta ed i grandi in attacco. Un calcio alla palla e torna il sorriso a tutti.
Si gioca fino all'esaurimento dell'ultima goccia di energia viva, senza pause, il primo tempo non terminerà mai. Nessun giocatore ha sete o fame. Un bimbo cade, si sbuccia le ginocchia, si rialza e torna a volare su quel polveroso e fantastico improvvisato campo di calcio.
C'è chi indossa la maglia della propria squadra del cuore, chi una semplice canottiera e chi gioca a dorso nudo. L'importante è immaginare, sognare di realizzare un gol alla Messi oppure una parata alla Buffon.
Il magico match termina col calare del sole, improvvisamente sui giovani campioni piomba una stanchezza infinita. I più piccoli piagnucolano, desiderano solo tornare a casa. Finalmente il proprietario del super santos prende la palla e va via: è il triplice fischio, la partita è finita.
Mio figlio è nero, ricoperto dal terreno di gioco. Corre verso di me e con gli occhi pieni di gioia chiede: «papà, hai visto che parata?».