L'iperbole, l'esagerazione della realtà, è usata anche nella fotografia per enfatizzare il messaggio che si vuole esprimere con lo scatto come spiega il nostro appassionato Pietro Ricciardi nel suo articolo. Il titolo della foto mostrata è "Miseri noi, se dai vertici della religione si sprigiona soltanto religione!" ed è tratto da una affermazione del più grande teologo di tutti i tempi, il protestante Karl Barth, nel suo commento all'Epistola ai Romani. Da notare la tonalità sangue del cielo.
Monster's Blog
Scritto da Pietro Ricciardi il 19/01/10
Proseguiamo la nostra piccola esplorazione delle figure retoriche applicate alla fotografia continuando ad esaminare figure della retorica dell’oratoria semplici ed intuitive, per approdare, un po’ alla volta, alle figure più complesse.
“Ti amo da morire”. Oppure: “Aspetta un secondo”. O, ancora: “Vado a fare quattro passi”.
Si tratta di iperbole che vengono utilizzate nel linguaggio comune, senza spesso interrogarsi sulla loro natura.
È ovvio che l’amore in se non può causare la morte… non può essere “da morire”, ma il senso di questa frase viene comunemente accettata da chi se al sente dire, riconducendo il significato al giusto valore che essa assume.
Allo stesso modo chi esce a fare “4 passi” ne farà ben più di 4.
In questo caso con l’iperbole si trasmette il messaggio che si farà una breve passeggiata.
L'iperbole presuppone la "buona fede" di chi la usa. Si tratta di un'alterazione della realtà al fine di imprimere con maggiore forza nel destinatario del messaggio il suo contenuto, per dargli credibilità, ma senza ingannare.
Nell’iperbole c’è una sorta di complicità con l’autore del messaggio da parte del destinatario dello stesso,
il quale non risulta sorpreso dal messaggio perché è incredibile.
Fotograficamente è possibile trovare la presenza di questa figura retorica in foto riprese dal basso, con ottiche grandangolari spinte, che deformano e ingigantiscono i soggetti fotografati. Altri esempi possono trovarsi in foto in cui grazie ad ottiche spinte che tendono a “fondere” su uno stesso piano oggetti sullo sfondo con quelli in primo piano, creando degli effetti ottici in cui tutto si confonde.
Immagini in cui le persone appaiono “grandi come una casa”, o monumenti ripresi dal basso con grandangolari che li deformano, facendoli sembrare tanto grandi da “toccare il cielo”, sono esempi lampanti di iperbole fotografiche.
Ovviamente anche nel caso di questa figura retorica l’ausilio dell’informatica e degli effetti introdotti attraverso l’uso di software come Photoshop o Gimp può essere di aiuto a rendere più esplicito il messaggio che si intende veicolare.
Il titolo della foto mostrata in questo articolo è tratto da una affermazione del più grande teologo di tutti i tempi, il protestante Karl Barth, nel suo commento all'Epistola ai Romani.
Scattata a Montano Lucino (Como) con Panasonic FS5. La tonalità sangue del cielo è stata ottenuta con GIMP.
I dettagli sono su Flickr.