Ogni martedì seguo la nuova serie di Fox Italia, «Touch».: siamo sette miliardi di persone sulla Terra, singoli individui i cui destini sono tra loro collegati da un invisibile filo rosso. Solo Jake, il figlio del nostro papà-eroe Martin (Kiefer Sutherland), riesce a vedere questi collegamenti e prevederli con una sequenza di numeri. Emozionante come tutte le storie tra padri e figli.
Monster's Blog
Scritto da webmonster il 16/05/12
Il martedì sera alle 21,50 non mi cercate, sono impegnato con le avventure di papà Martin Bohm intento a carpire ogni minimo segnale
lanciato - sotto forma di sequenza numerica - dal figlio genio-autistico Jake.
Noi comuni mortali non possiamo capire come realmente gira il mondo, Jake invece si. Il ragazzo prodigio non parla, in verità non ha tempo per parlare, il suo cervello è sempre in fermento, i suoi occhi vedono il collegamento che unisce il destino di tutti noi: siamo in sette miliardi, singole persone collegate da un invisbile filo rosso.
I modelli matematici scritti dal bimbo spiegano il perchè storie di persone che apparentemente sembrano indipendenti alla fine convergono in solo punto: una ragazza giapponese perde ìl cellulare, un uomo in uno sperduto paesino africano ruba da mangiare, un bimbo a Baghdad viene convinto a trasformarsi in kamikaze in un mercato affollato, una centralinista di New York telefona ad un numero straniero … Jake scrive la sequenza di numeri, Martin – aiutato dall’assistente sociale Clea Hopkins prima scettica e poi complice – si sforza disperatamente di capire il linguaggio misterioso del figlio.
Alla fine ogni pezzo va al suo posto, la successione di numeri dimostra come le nostre azioni sono parte di un mosaico globale, siamo tutti connessi.
Touch è la nuova serie TV trasmessa da Fox Italia in contemporanea con gli Stati Uniti ed il resto del mondo.
Ho un debole per Kiefer Sutherland (papà Martin), l’inossidabile Jack Bauer dell’altra serie TV che mi ha stregato, la leggendaria 24 (giunta all’ottava serie).
Martin è vulnerabile, è ferito (ha perso la moglie in quel tremendo 11 settembre), è un padre che vuole solo comunicare con suo figlio. Il pover’uomo ce la mette tutta, il piccolo Jake sembra un bunker, isolato dalla realtà, chiuso nel suo mondo odia il contatto fisico con il prossimo. Eppure Martin non si scoraggia e – con l’amore che solo un padre può avere per un figlio – trova la forze e le energie per entrare nei pensieri del bimbo.
Sarà che da quando sono diventato papà sono più sensibile alle storie che riguardano l’infanzia, sarà che Touch presenta una sceneggiatura di ferro ed ogni puntata è un insieme di forti sentimenti, se volete un po’ stucchevole e troppo buonista, ma a me piace.
E’ la prova (semi)scientifica che far del bene al prossimo è un gesto che – non si sa come, quando e dove – porterà un benefit ad un altro essere umano, è l’invito ad ognuno di noi a non mollare mai, la tenacia paga, i diversi forse parlano solo una lingua che dobbiamo imparare ad interpretare, i buoni sentimenti sono il motore della vita, basta crederci.
E così, ogni martedi, in quei quaranta minuti, anche io mi isolo dal mondo e osservo il filo rosso che unisce ognuno di noi attraverso gli occhi di Jake.